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- 12 Agosto 2021

Nuove dinamiche socio-culturali di consumo del vino

L’Area Studi Mediobanca, l’Ufficio Studi di Sace e Ipsos hanno pubblicato il primo report congiunto sul settore vino & spirits italiano, dedicato all’analisi dei mercati e allo studio delle dinamiche socio-culturali di consumo.

 

Il 2020 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso con un calo di fatturato del 4,1% (-6,3% il mercato interno e -1,9% l’estero). L’incidenza del risultato netto sul fatturato, comunque, ha performato bene, con il leggero calo dal 4,2% al 4,1%. I vini frizzanti hanno perso più terreno (- 6,7%) dei vini fermi (-3,5%). Le cooperative hanno contenuto la flessione al 2%. Il canale Gdo (Grande distribuzione organizzata) ha visto la propria incidenza salire al 38% rispetto al 35,3% del 2019 (a valore è cresciuto del 2,3%), quello Ho.Re.Ca. (hotel, ristoranti, cafè) si contrae dal 17,9% al 13,4% (-32,7%), mentre wine bar ed enoteche passano dal 7% al 6,7% (-21,5%).

 

L’online è esploso durante la pandemia: +74,9% le vendite sui portali web di proprietà, +435% per le piattaforme online specializzate e +747% i marketplace generalisti. Gli investimenti dei maggiori produttori di vino nel digital sono aumentati del 55,8%, a fronte di un calo del 14,3% degli investimenti complessivi e del 13,4% della spesa pubblicitaria.

 

Sugli scudi il bio, con vendite 2020 in aumento del 10,8%, per una quota di mercato del 2,3%; tiene il vino vegan (+0,5%, anch’esso al 2,3% del totale). Non fanno ancora presa i vini biodinamici, in caduta del 21,9% e confinati allo 0,1% del mercato. C’è stato uno sviluppo del 5,8% per i vini confezionati in contenitori alternativi al vetro (brick, lattine, bag in box), leggeri, ecosostenibili, adatti all’online e in linea con l’interesse per le novità delle giovani generazioni.

 

I maggiori produttori di vino si attendono per il 2021 una crescita del 3,5%, che arriverebbe al 4,6% per la sola componente export. Per le maggiori società di spirits, si prevede un anno con vendite in crescita del 5,4% e del 4% per le esportazioni.

 

Nel biennio 21-22 si attende un aumento dei consumi di vino del 3,8% l’anno per molti tra i principali mercati. Per i due grandi importatori di vino italiano la crescita media annua è del 2% per gli Usa e del 3,1% per la Germania. In Svizzera i consumi di vino sono attesi stabili. Discorso a parte per il Regno Unito: crescita del 2,4% l’anno, ma prospettive complicate dagli sviluppi post Brexit. Opportunità possono arrivare da mercati già noti al vino italiano: Canada e Giappone segnano un consumo atteso in forte crescita (+5,9% annuo per entrambi). Ma è la Cina a mostrare uno dei maggiori potenziali con un +6,3% annuo nel biennio 2021-22.

 

Le esportazioni italiane 2020 di vini e spirits valgono il 30% delle nostre vendite di alimenti e bevande oltreconfine e ammontano a 7,8 miliardi di euro. Il comparto proviene da una crescita pluriennale: +6,3% medio annuo per i vini nel periodo 2010-19, ma l’anno scorso ha segnato una frenata: l’export di vini si è contratto del 2,3%, quello di spirits del 6,8%. In particolare, l’export di vino italiano vale 6,3 miliardi di euro e si stappa in prevalenza sulle tavole statunitensi (23,1% del totale), tedesche (17,1%) e britanniche (11,4%). La pandemia ha colpito pesantemente gli spumanti (-6,9%).

 

Più modesto l’export italiano generato dal comparto degli spirits, che vale 1,5 miliardi di euro e ha nell’Europa la destinazione privilegiata (60,4% del totale) e due mercati di sbocco preferenziali: Stati Uniti e Germania, che fanno il 40% del totale.

 

Regione che vai, vino che trovi. Nel 2019 il Veneto detiene il primato di vino prodotto, sia a volume che a valore, con il 20% del totale nazionale. Segue la Puglia con il 19,6% a volume e il 13,3% a valore. Toscana e Piemonte hanno il 5% circa dei volumi, ma raddoppiano il peso se si guarda al valore. Le caratteristiche regionali si notano anche nelle dinamiche di esportazione. La principale regione esportatrice di vini, nel 2020, è il Veneto con il 35,5% del totale delle vendite oltreconfine, più del doppio della seconda, il Piemonte con il 17,2%. La Toscana, terza regione, rappresenta il 15,5% dell’export nazionale di vino.

 

Nell’anno della pandemia, il Veneto ha subìto un calo dell’export del 3,3%, ma sono diminuite le vendite all’estero anche dei vini di Toscana e Lombardia. Fra le altre regioni il calo più consistente è dell’Umbria (- 24,2%), seguita dalla Valle d’Aosta (-21,9%), dalla Sardegna (-18,8%) e dalle Marche (-14,5%). In controtendenza i vini del Trentino-Alto Adige, dell’Emilia-Romagna e del Piemonte con aumento delle vendite al di fuori del territorio nazionale.

Anche sui conti delle aziende i tratti regionali lasciano la propria impronta. Il maggior Roi tocca agli abruzzesi (9,7%), piemontesi (8,6%) e veneti (7,8%). Best in class per solidità finanziaria i produttori toscani, con debiti finanziari pari ad appena il 26,8% del capitale investito. Grandi esportatori i produttori piemontesi (66,9%) e toscani (61,7%) che superano il 60% di export sul fatturato.

 

La pandemia ha inciso su alcune abitudini di consumo, anche in maniera sorprendente. La propensione dei consumatori ad acquistare bottiglie di vino nei supermercati è calata di 6 punti: il 58% degli italiani che in epoca pre-Covid si approvvigionava nella Gdo si è ridotto al 52%. La Gdo rimane il canale preferito per l’acquisto di vino, ma mostra dinamiche in evoluzione con una sempre maggiore ricerca di qualità, specificità e unicità. Un trend confermato dalla percentuale di persone che ha iniziato a frequentare enoteche, cantine e negozi specializzati. Sono in aumento gli acquirenti di vino nelle cantine dei produttori: nel periodo pre-Covid gli italiani che non si erano mai recati in una cantina di un produttore erano il 46%, oggi scesi al 39%.

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