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Privati, Imprese - 19 Gennaio 2023

Ora Made in Italy anche mango e banane

Per effetto dei cambiamenti climatici, oggi nella Pianura Padana si coltiva circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta – colture tipicamente mediterranee – mentre i vigneti hanno conquistato le pendici delle, al Sud è boom per le coltivazioni tropicali – dall’avocado al mango fino alle banane – e la coltivazione dell’ulivo è arrivata a ridosso delle Alpi.

È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti in riferimento ai dati del rapporto Copernicus che evidenzia come il 2022 sia stato il secondo anno più caldo mai registrato in Europa e addirittura il più rovente di sempre in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna e Irlanda.

In Italia la temperatura media è stata infatti superiore di 1,15 gradi con la caduta del 30% di precipitazioni in meno, rispetto alla media storica del periodo 1991-2020, secondo le elaborazioni basate sulla banca dati Isac Cnr che rileva le temperature dal 1800.

“Si accentua dunque – sottolinea la Coldiretti – la tendenza al surriscaldamento in Italia dove la classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e, dopo il 2022, comprende nell’ordine il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020”.

Il risultato è un profondo cambiamento sul paesaggio, sulla distribuzione e stagionalità delle coltivazioni e sulle stesse caratteristiche dei prodotti più tipici del Made in Italy.

Si è verificato nel tempo un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo, che è arrivato alle Alpi. È infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera settentrionale dell’olio d’oliva italiano. “Negli ultimi dieci anni – precisa la Coldiretti – la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno”.

E il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, con la vendemmia che viene anticipata anche di un mese rispetto al tradizionale settembre, smentendo quindi il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti.

Fra l’altro, il caldo ha cambiato la distribuzione dei vigneti che tendono a espandersi verso l’alto, come conferma la presenza della vite a quasi 1.200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in Valle d’Aosta, dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.

Con la tropicalizzazione del clima in Italia è cresciuta la presenza di frutta esotica, con le coltivazioni di banane, avocado, mango & c. che, nel giro di cinque anni, sono praticamente triplicate sfiorando i 1.200 ettari fra Puglia, Sicilia e Calabria.

A far la parte del leone in questo comparto è proprio la Sicilia con coltivazioni ad avocado e mango di diverse varietà nelle campagne tra Messina, l’Etna e Acireale, ma anche a frutto della passione, zapote nero (simile al cachi, di origine messicana), sapodilla (dal quale si ottiene anche lattice), litchi, il piccolo frutto cinese che ricorda l’uva moscato.

Ma anche in Puglia i frutti tropicali sono ormai una realtà consolidata, spinta dagli effetti della siccità: c’è una impennata delle coltivazioni di avocado, mango e bacche di Goji Made, insieme a tante altre produzioni esotiche come le bacche di aronia, le banane e il lime.

Tropicali italiani – aggiunge la Coldiretti – si diffondono anche in Calabria, dove alle coltivazioni di mango, avocado e frutto della passione si aggiungono melanzana thay (variante thailandese della nostra melanzana), macadamia (frutta secca, a metà tra mandorla e nocciola) e addirittura la canna da zucchero, mentre l’annona, altro frutto tipico dei Paesi del Sudamerica si sta ampliando lungo le coste, tanto da essere usato pure per fare la marmellata.

“L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici; ma è anche il settore più impegnato per contrastarli” ha commentato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, sottolineando che “i cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole, che devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio”.

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