genesys Donne, lavoro e autonomia economica: sfide e soluzioni

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Come Banca, ma prima di tutto come persone, desideriamo essere al tuo fianco per supportarti nella gestione della tua vita economica. Attraverso questa rubrica, mettiamo a tua disposizione le nostre competenze e la nostra esperienza per aiutarti a navigare con maggiore sicurezza tra le sfide finanziarie quotidiane. Il nostro obiettivo è offrirti strumenti utili e consigli pratici, affinché tu possa prendere decisioni autonome e consapevoli in tutti gli ambiti della tua vita che richiedono attenzione economica.

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Indice dei contenuti

L’uguaglianza dovrebbe essere un valore fondamentale di ogni società, eppure siamo ancora lontani da una vera parità di genere. Le donne lavorano in media meno ore retribuite rispetto agli uomini, guadagnano stipendi inferiori e dedicano gran parte del tempo alla cura della famiglia. Questa disuguaglianza ha pesanti conseguenze economiche: alla fine della carriera si ritrovano con un divario reddituale di decine di migliaia di euro e un rischio più elevato di non avere abbastanza denaro per gestire le emergenze del presente e sostenere la vecchiaia. Cosa possiamo fare per cambiare le cose?

Donne e lavoro: qualche dato

L’INPS dipinge un quadro chiaro nel suo “Rendiconto di genere 2024”. Il tasso di occupazione femminile, fermo al 52,5% nel 2023, è chiaramente inferiore rispetto al 70,4% di quello maschile. Questa disparità si manifesta anche nella stabilità lavorativa: il 18% delle lavoratrici ha un contratto a tempo indeterminato, contro il 22,6% degli uomini. Più critico è il part-time involontario, che riguarda ben il 15,6% delle donne, spesso costrette ad accettare orari ridotti per bilanciare impegni familiari e professionali. Solo il 21,1% dei dirigenti in Italia è donna, un dato che riflette un chiaro ostacolo all’avanzamento professionale. A tutto ciò si aggiunge il gap retributivo: le donne guadagnano in media oltre il 20% in meno degli uomini.

Questi dati parlano chiaro e dimostrano come il percorso di vita femminile sia un percorso ad ostacoli con impatti evidenti sul loro benessere economico.

Donne e longevità: una grande sfida

n un corso di vita che pone tutti di fronte a nuove sfide, ce n’è una enorme: la longevità. Le donne vivono in media più a lungo degli uomini, una tendenza che si osserva in quasi tutte le società a livello globale. Questa tendenza porta con sé sfide specifiche. È sempre l’Inps a ricordarci che, pur costituendo la maggior parte dei beneficiari di pensioni, le donne ricevono importi significativamente più bassi. Ad esempio, la pensione di vecchiaia è mediamente inferiore del 44% rispetto a quella di un uomo.

Questo divario è la diretta conseguenza di carriere lavorative più discontinue e frammentate. Le donne hanno utilizzato 14,4 milioni di giornate di congedo parentale, contro i soli 2,1 milioni degli uomini.

Il sistema pensionistico, in sintesi, non fa che amplificare le disuguaglianze già presenti nel mercato del lavoro. Prepararsi dunque, anche da un punto di vista economico, pianificando la propria vita in pensione è cruciale per potersi garantire il benessere meritato.

Il benessere delle donne, un obiettivo comune

Che fare dunque? Il dibattito sull’uguaglianza di genere non è più confinato alle sole questioni sociali e personali, ma è diventato un pilastro centrale delle strategie di sviluppo a livello globale. Le istituzioni internazionali, come l’ONU, hanno riconosciuto che il pieno potenziale di una società passa attraverso lo sviluppo del benessere delle donne. Questa visione è formalizzata nell’Agenda 2030, dove l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile numero 5 (SDG 5) è interamente dedicato all’uguaglianza di genere, dimostrando il suo ruolo trasversale per il successo di tutti gli altri obiettivi.

Quando le donne hanno pari accesso a istruzione, occupazione e ruoli di leadership, l’intero sistema ne beneficia. Ad esempio, una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro si traduce direttamente in un aumento del PIL, stimolando l’innovazione e la produttività. Questa correlazione era già stata intuita da figure come Gro Harlem Brundtland, ex Primo Ministro norvegese, che sosteneva che l’emancipazione femminile non fosse solo un diritto umano fondamentale, ma anche una componente essenziale dello sviluppo sostenibile. La sua visione era chiara: ignorare il contributo della metà della popolazione significa limitare il progresso dell’intera società.

First of all: autonomia economica per tutte

Che fare dunque? Il primo passo, essenziale, è non rinunciare (mai) alla propria autonomia economica.

Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti sociali, che porta sempre più a guardare alla propria sicurezza finanziaria non solo in un’ottica familiare, ma anche individuale.

Ogni donna (e ogni uomo) deve essere in grado di cavarsela con le proprie forze economiche, in qualsiasi momento della vita. Questa esigenza è la diretta conseguenza di un “nuovo corso di vita” che presenta sfide inedite.

Tra queste, ad esempio, l’aumento delle separazioni e dei divorzi che mettono a rischio la solidità economica dei singoli membri della coppia. Anche le nuove forme familiari giocano un ruolo fondamentale: in Italia, il 36% (Istat 2024) delle persone vive da sola, e la maggioranza sono donne. A questo si aggiunge la longevità femminile: vivendo mediamente più a lungo, molte di loro si potrebbero trovare a gestire un lungo periodo della loro vita senza un partner, dovendo contare solo sulle proprie risorse e con assegni pensionistici spesso esigui.

“Ogni donna (e ogni uomo) deve essere in grado di cavarsela con le proprie forze economiche, in qualsiasi momento della vita”.

Conoscere i requisiti pubblici

Per poter gestire i rischi del “nuovo” corso di vita occorre inoltre assumere consapevolezza sui diritti pubblici offerti dal Welfare State. Spesso si dà infatti per scontato che il sistema tuteli i cittadini in ogni evenienza, ma la realtà è più complessa e richiede una consapevolezza attiva.

Il sistema previdenziale italiano, si basa su un modello che supporta principalmente le famiglie formalmente costituite. Ad esempio le unioni di fatto, anche se durature e con figli, non sono equiparate al matrimonio in materia di diritti. Un esempio è la pensione ai superstiti, che viene erogata al coniuge del defunto. In caso di morte del partner, una donna che ha condiviso un’intera vita con lui, magari per decenni, ma senza sposarsi, non ha diritto ad alcuna prestazione.

La necessità di consapevolezza si estende anche al tema dell’eredità. Le leggi sulla successione privilegiano infatti i legami di parentela formali. In assenza di un testamento, un cugino di secondo grado ha più diritti sui beni della persona scomparsa rispetto alla compagna di una vita.

I requisiti non riguardano solo la formalizzazione dell’unione familiare, ma anche la continuità lavorativa. Così, ad esempio, per aver diritto alla pensione di inabilità occorre aver lavorato con continuità per almeno 5 anni, di cui 3 negli ultimi 5. Quante donne hanno dovuto lasciare il lavoro per dedicarsi ai figli o ad un genitore malato e faticano a ritrovarlo?

“Per poter gestire i rischi del “nuovo” corso di vita occorre innanzitutto assumere consapevolezza sui diritti pubblici offerti dal Welfare State.”

Per tutti questi (ed altri) motivi, per una donna, assumere consapevolezza su questi meccanismi non è un’opzione, ma un atto di tutela del proprio benessere e della propria serenità futura.

Significa informarsi non solo sulla propria pensione, ma anche sui diritti in caso di eventi imprevisti. Significa comprendere i vantaggi (e gli svantaggi) di formalizzare un’unione, di redigere un testamento o di trovare delle strategie di pianificazione coerenti con i propri desideri di protezione, pensione, investimento e passaggio generazionale.

Tutto questo non va fatto in solitudine, ma facendosi supportare da professionisti capaci di leggere i bisogni economici e metterli in relazione con le strategie più coerenti e utili.

Conclusioni

In un mondo in continua evoluzione, dove le dinamiche familiari e sociali si trasformano rapidamente, l’autonomia economica non è più un’opzione, ma una necessità fondamentale. Per le donne, in particolare, essere soggetti attivi nella pianificazione del proprio benessere significa prendere in mano il controllo del proprio futuro. Questo richiede una profonda consapevolezza sui rischi specifici che possono presentarsi, come l’aumento delle separazioni e dei divorzi, l’alta percentuale di persone sole e la maggiore longevità femminile. Un esempio lampante di questa necessità è la conoscenza dei propri diritti previdenziali: il sistema italiano, spesso, non tutela le unioni di fatto, lasciando le donne senza diritti come la pensione di reversibilità, nonostante una vita intera trascorsa al fianco del partner. Pianificare il proprio benessere economico rappresenta un atto di libertà che permette di affrontare gli imprevisti con resilienza e di costruire un futuro che non dipenda da nessuno, garantendosi sicurezza e serenità.

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