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Privati, Imprese - 4 Ottobre 2022

I rincari rilanciano la Doggy Bag

Con il caro spesa determinato dai rincari energetici e la necessità di ridurre gli sprechi salgono a quasi quattro su 10 (39%) gli italiani che portano a casa gli avanzi del ristorante con la cosiddetta “doggy bag”, il contenitore per recuperare il cibo non consumato ed evitare così che venga buttato. Il fenomeno, ben più diffuso all’estero, emerge dall’indagine Coldiretti/Ixe’ che fotografa come la crisi causata dagli aumenti delle bollette e del costo della vita stia cambiando le abitudini di tanti.

Il numero delle persone che non lascia gli avanzi nel piatto quando va a mangiare fuori è, infatti, praticamente raddoppiato nel giro di meno di dieci anni.

Con l’inflazione che ad agosto 2022 ha raggiunto il record dal 1985 e i beni alimentari in aumento del 10,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente – rileva Coldiretti – per molte famiglie è diventato indispensabile ridurre al massimo gli sprechi. Una situazione che spinge così sempre più persone a superare l’imbarazzo e chiedere di portare via dal quanto rimasto sul piatto del ristorante per consumarlo successivamente tra le mura domestiche.

Dall’analisi Coldiretti/Ixè si evidenzia, però, che il 17% richiede la doggy bag solo raramente mentre il 12% degli italiani ritiene che sia da maleducati, da poveracci e volgare o si vergogna comunque a prendere questa iniziativa. Infine, c’è un 22% di italiani che non lascia alcun avanzo quando va a mangiare fuori, mentre la quota restante non chiede di portare via quanto avanzato perché non sa che farsene.Comunque, la ristorazione si attrezza e in un numero crescente di esercizi, per evitare imbarazzi, il cameriere domanda riservatamente al cliente se desidera portare a casa il cibo o anche le bottiglie di vino non finite e si mettono a disposizione confezioni o vaschette ad hoc. Un servizio nei confronti del cliente che ha un costo per ristoranti e agriturismi, considerati i rincari che devono affrontare, dall’energia alla carta da asporto con le buste per il confezionamento e la conservazione degli alimenti che cominciano addirittura a mancare.

Con oltre 1/3 della spesa alimentare degli italiani destinato ai consumi fuori casa le difficoltà della ristorazione si trasferiscono a cascata sull’intera filiera. A rischio, secondo la Coldiretti, c’è un sistema che dai campi alla tavola vale 575 miliardi di euro all’anno, quasi un quarto del Pil nazionale, e vede impegnati ben quattro milioni di lavoratori in 740mila imprese agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila aziende della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.

La Coldiretti, inoltre, stima che oltre il 10% delle imprese del settore siano a rischio di chiusura per rincari diretti e indiretti determinati dall’energia che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio nelle campagne, ma anche per il vetro che costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, mentre si registra un incremento del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica.

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