Banca Di Parola
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Vivere bene domani
Le previdenze complementari
Un diritto per tutti, un dovere per molti
#38 Le previdenze complementari
Indice dei contenuti
Vituperate, maltrattate, accusate… le previdenze pubbliche sono, anche ingiustamente, sotto la lente dell’accusa. Se dobbiamo andare in pensione troppo tardi ci sembrano inique, se consentono di andarci troppo presto sono insostenibili. Certo, alcuni fatti sono incontrovertibili. I conti, ad esempio, saranno pure equi ma una vita di contributi si traduce, quasi sempre, in un assegno mensile insufficiente. Che fare, dunque?
Dal dire al fare c’è di mezzo l’integrare
La soluzione è molto semplice, e non è neppure nuova perché è stata testata e rodata per bene: si chiama previdenza complementare. Sarà affidabile? Chi la gestisce? Costa troppo, rende a sufficienza? Ci darà davvero una pensione?
Le domande che frenano lo sviluppo di un servizio che oramai è divenuto essenziale per darci il benessere che meritiamo sono molte.
“La soluzione per ottenere il benessere che meritiamo si chiama previdenza complementare”
Così, da giovani rimandiamo la decisione perché ci pare troppo presto e all’avvicinarci della pensione rimpiangiamo di non averci pensato prima.
Quale incantesimo ci impedisce di fare quel che tutti sappiamo di dover fare? Proviamo a dare alcune risposte.
L’ABC della previdenza complementare
Il meccanismo di base delle previdenze complementari è molto semplice: si investono dei soldi (liberi nella misura e nella periodicità) e questi soldi generano, all’età in cui scatta la pensione pubblica, un capitale, che in tutto o in parte si converte in un assegno pensionistico che durerà per tutta la vita. La fase di creazione del capitale “servile” si chiama fase di accumulo e dura finché non si entra in pensione.
La fase di percezione dell’assegno pensionistico, in forma di rendita vitalizia, si chiama decumulo perché tecnicamente usa il capitale un po’ per volta per essere convertito in una rendita.
Il funzionamento standard è semplice, come abbiamo messo in luce, ed è lo stesso di ogni forma previdenziale, pubblica e privata. Quello che cambia è il soggetto, il tipo di investimento, il modo in cui il capitale si trasforma in rendita. In tutti i casi, sono previste possibilità di uso diverse da quelle immaginate.
I soggetti autorizzati a istituire una forma di previdenza complementare sono diversi, e danno luogo a diverse forme:
Ogni forma ha propri costi, gestionali e distributivi, che influiscono sulla prestazione finale e che remunerano amministrazione, gestione, distribuzione.
Le logiche della previdenza complementare
Veniamo al tipo di investimento. Qui la differenza rispetto alla pensione pubblica è enorme, perché i soldi delle previdenze complementari vengono accantonati e rendicontati in una posizione individuale, mentre l’INPS, che versa i contributi dei lavoratori ai pensionati, non ha di fatto riserve e “cassa”.
Inoltre, mentre il rendimento dei contributi pubblici obbligatori è connesso all’andamento del PIL, qui i rendimenti deriveranno dal comparto di investimento che si sceglie, all’interno delle possibilità offerte da ogni singola forma. Se si ha tempo, come sempre, conviene scegliere investimenti più azionari, per cogliere la crescita del mondo, sopportando qualche oscillazione. Se il tempo è poco, meglio scegliere forme più conservative, per evitare bruschi sbalzi del proprio capitale a ridosso della pensione.
La cosa interessante dell’investimento previdenziale è che, dati i tempi spesso molto lunghi, investire in strumenti a basso rischio finanziario significa privarsi dalla partecipazione alla crescita dei mercati e, in ultima analisi, ridursi la pensione complementare attesa. Allo stesso tempo, bisognerebbe essere capaci di non guardare il proprio investimento pensionistico troppo di frequente, perché non si deve fare una corsa da velocista ma una maratona. Per unire tempi lunghi e sicurezza all’avvicinarsi dell’età pensionabile, molti fondi pensione usano un meccanismo automatico di arretramento del profilo di rischio via via che passa il tempo. Questo meccanismo, definito “Life cycle” è ritenuto particolarmente coerente con il tipo di investimento.
“Bisognerebbe essere capaci di non guardare il proprio investimento pensionistico troppo di frequente, perché non si deve fare una corsa da velocista ma una maratona”
Infine, il capitale viene trasformato in rendita ma… come? Essendo la previdenza un tema di interesse pubblico, e per questo fortemente regolamentato, la trasformazione avviene utilizzando tavole statistiche approvate dalle istituzioni di controllo e che stimano la durata di vita media del pensionando. Le statistiche considerano le età di inizio pensione, e i rapporti di conversione tra capitale e rendita sono uguali a prescindere dal genere di appartenenza. Le pensioni complementari sono gestite da Compagnie di assicurazione sia nei fondi negoziali che in quelli aperti e nei PIP per garantire la gestione sicura ed efficiente dei pagamenti delle rendite.
In estrema sintesi, si versano dei soldi, i mercati ed i gestori sono incaricati di farli crescere e alla fine ciascuno avrà, per sempre, una pensione calcolata sull’aspettativa di vita media, controllata e tutelata. Il meccanismo è simile a quello delle previdenze pubbliche, ma con alcune differenze significative, che troverete in tabella:
Il meccanismo non è dunque complesso ma…sono sicure le forme pensionistiche complementari?
Quanto è protetta e incentivata la previdenza complementare
Iniziamo col dire da subito, che la previdenza complementare è stata istituita per legge ed è tutelata ed incentivata perché il benessere dei pensionati è tema di interesse pubblico. Le due leggi che hanno istituito prima e regolato poi l’intero settore sono il decreto Legislativo 21 aprile 1993, n. 124 ed il decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.
Più specificamente, la previdenza complementare in Italia è soggetta a un sistema di tutela molto solido, a protezione degli aderenti e che comprende una rigorosa sorveglianza della COVIP, Commissione di vigilanza sui fondi pensione, l’autorità pubblica preposta alla vigilanza sull’intero sistema della previdenza complementare. Vi è inoltre, come accennato, una totale separazione patrimoniale tra il patrimonio dei fondi pensione e quello degli enti che li hanno istituiti e/o che ne gestiscono le risorse.
Non ci sono solo garanzie, ma anche incentivi. I tre principali sono:
Come scegliere il piano più appropriato
Le variabili che influiscono su tutti i fondi pensione sono tre: i costi, la gestione finanziaria e la conversione in rendita.
Certo, tutti vorremmo un prodotto che rende molto, costa poco e converte con i massimi coefficienti ma la realtà è differente ed ogni forma ha un suo equilibrio.
C’è inoltre da aggiungere due temi: nelle forme negoziali, il contributo datoriale aiuta a costruire capitale e quindi rendita.
Nelle forme aperte e individuali, bisogna valorizzare attentamente il contributo della consulenza, ossia del lavoro di esperti professionisti che ci aiutano a scegliere. La misura del versamento, il comparto più coerente con i tempi ed i rischi, le modalità di utilizzo delle somme accantonate e, soprattutto, ci aiuta a non rimandare le scelte che vanno fatte “oggi”.
Per fare un esempio, con 1.000 euro all’anno investiti in una forma pensionistica a rischio medio a 30 anni potremmo aspirare (scenari probabilistici) a una pensione integrativa 3.665 euro, mentre se iniziamo il versamento a 40 anni la rendita scenderebbe a 2.000 euro.
Conclusioni
Rammaricarci per lo scarso apporto delle previdenze pubbliche è frequente, ma non sufficiente se non adottiamo le contromisure necessarie. Il supporto più naturale per integrare la previdenza pubblica è la previdenza complementare, che unisce sicurezza, efficacia, flessibilità ed è incentivata.
Un piano di previdenza non è complesso in sé; richiede però valutazioni sul versamento, sul comparto di investimento, sull’utilizzo delle possibilità che è bene valutare con chi professionalmente si occupa del tema. In tutto questo, come sempre, non si può non decidere ed ogni ritardo si ripercuote, meccanicamente, sulla prestazione che avremo. Ne deriva, semplicemente, che il migliore giorno per iniziare un piano previdenziale è oggi.



