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- 24 Giugno 2020
Oltre che belli, gli uccelli sono buoni indicatori della diversità e dell’integrità degli ecosistemi, perché le loro popolazioni riflettono i cambiamenti delle specie di cui si nutrono, come gli insetti.
Ecco perché la presenza, l’abbondanza e la diversità delle specie di uccelli raccontano la condizione dell’ambiente e il suo sviluppo nel tempo. Fra l’altro, i dati che li riguardano sono molti, in quanto gli uccelli sono facili da osservare (rispetto alla maggior parte degli altri gruppi di animali) e, per di più, il loro monitoraggio è favorito dal fatto che costituiscono un’attrazione per tante persone di ogni età e ovunque.
Questa premessa, per affermare che, in generale, nell’Unione europea, le popolazioni di uccelli sono in calo da diversi decenni. E se il declino sembra rallentare negli ultimi tempi, tuttavia, tra il 2000 e il 2018, nel Vecchio Continente, la popolazione di tutte le specie di uccelli comuni è diminuita di oltre il 4% e gli uccelli agricoli di quasi il 17%. Lo ricorda l’Eurostat, l’istituto europeo di statistiche, aggiungendo che, però, è stato osservato un aumento di oltre il 7% per gli uccelli forestali.
La comunità scientifica ritiene che le maggiori perdite nelle popolazioni di specie comuni di uccelli agricoli possano essere attribuite ai cambiamenti dell’uso del suolo e delle pratiche agricole, come la scomparsa di piccoli elementi paesaggistici non produttivi, quali siepi e frangivento e l’uso di pesticidi.
Gli effetti di questi fattori, comunque, potrebbero essere annullati sia dalla strategia “Farm to Fork”, che, recentemente adottata, ha l’obiettivo ridurre del 50% l’uso e il rischio complessivi dei pesticidi chimici entro il 2030 sia dalla strategia Ue sulla biodiversità per il 2030, che mira a ripristinare almeno il 10% della superficie agricola con caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità e l’ampliamento dell’area coltivata biologicamente in modo da rappresentare, entro quell’anno, il 25% della superficie agricola totale dell’Unione Europea.
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