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19 aprile 2024
Usa: economia forte e tagli Fed posticipati
La settimana è cominciata con un dato proveniente da Oltreoceano che ha sorpreso gli operatori: le vendite al dettaglio negli Stati Uniti.
Le retail sales a marzo sono infatti aumentate dello 0,7% a fronte di attese per un +0,4% e ancora più alto è stato il dato al netto delle componenti più volatili, auto e gas (+1% contro attese di 0,3%).
Quest’ultimo dato, aggiuntosi al CPI sopra le aspettative della scorsa settimana e al mercato del lavoro che continua ad essere resiliente, ha mostrato che la domanda dei consumatori americani rimane forte e non fa ben sperare nel raffreddamento dell’economia e dell’inflazione nel breve periodo; in questo contesto, si sono aggiunte inoltre le dichiarazioni del Presidente della Federal Reserve Powell il quale ha sottolineato che “la Fed manterrà i tassi d’interesse al livello attuale per il tempo necessario se l’inflazione rimarrà su livelli alti”, visto che gli ultimi dati denotano una mancanza di progressi sul sentiero di rientro dei prezzi verso il target della banca centrale.
La reazione dei mercati è stata univoca: gli operatori hanno dovuto nuovamente ricalibrare le aspettative riguardanti l’inizio dei tagli dei tassi Fed, prezzando pienamente un primo taglio non prima di novembre, mentre le probabilità per giugno sono crollate sotto il 20%.
A fronte di queste mutate aspettative, i titoli di Stato a stelle e strisce hanno visto i rendimenti nominali salire di più di 10 punti base sulle diverse scadenze, raggiungendo valori che non si vedevano dallo scorso novembre. Il tasso decennale americano ha così superato la soglia del 4,65% e il 2 anni ha sfiorato il 5%. Sono tornati molto attraenti anche i rendimenti reali, sui massimi degli ultimi 6 mesi, trascinati da quelli nominali.
Seppur in misura minore, i rendimenti obbligazionari sono saliti anche nella zona euro sia sulla parte a breve ma soprattutto lunga della curva sulla scia di quelli Usa: hanno raggiunto nuovamente livelli interessanti, nonostante la situazione dell’eurozona sia ben diversa da quella statunitense così come le aspettative per l’inizio del rallentamento della stretta monetaria (attualmente ancora prevista per giugno per la Bce).
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