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Un’iniziativa nata durante la pandemia di Covid – 19 per regalare la possibilità di “guardare oltre” ed evadere, almeno con il pensiero, dalla difficile situazione

 

Alessandro Perissinotto
Lo sguardo oltre l’orizzonte

Nel 2012, in occasione del suo centenario, la Banca del Piemonte chiese ad Alessandro Perissinotto di scrivere un romanzo, un poliziesco, ispirato alla storia della banca, un’opera di finzione che affondasse però le sue radici nella realtà complessa del XX secolo e che, soprattutto, mettesse in luce uno dei compiti fondamentali per un istituto di credito: saper guardare al futuro.

È nato così “Lo sguardo oltre l’orizzonte” e in tempi come questi, tempi nei quali è più che mai necessario guardare oltre l’orizzonte di ciò che sta accadendo, ve lo riproponiamo su questo sito, a puntate, come se fosse una piccola serie che vogliamo offrire ai nostri clienti e a tutti quelli che, stando a casa per fermare il contagio, hanno voglia di leggere un po’.

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Tutti i capitoli

 

Alessandro Perissinotto

Lo sguardo oltre l’orizzonte

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Capitolo 2

Banali dissapori familiari? Forse.

All’improvviso gli balenò alla mente un’idea che non aveva mai preso in considerazione: non era solo il padrone di casa, non era solo il banchiere, non doveva solo riscuotere gli affitti e gestire i risparmi; in quell’Italia distrutta, il suo compito era anche quello di ridare fiducia, di andare oltre. Giulio Botto aveva avuto fiducia in lui: non poteva deluderlo.

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Capitolo 3

La questione sembra risolta. Sembra.

Una volta, non ricordava dove, aveva letto una specie di massima: “Non permettere che il tramonto scenda sulla tua irritazione”. L’aveva trovata giusta: i contrasti andavano sanati al più presto, altrimenti si incancrenivano. Anzi, l’aveva trovata così giusta che l’aveva fatta propria anche nella vita professionale, modificandola di quel tanto che bastava per renderla aderente alla sua realtà: “Non permettere che il tramonto scenda su pratiche non sbrigate”.

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Capitolo 3

Una tazza di karkadè

«Non si preoccupi – intervenne Camillo – è tutto in regola, venivo solo a portarle un saluto.» «È davvero molto gentile. Venite che vi preparo un karkadè.» «Accomodatevi.» E indicò loro due delle tre sedie male impagliate che circondavano il tavolo addossato al muro e coperto da una tela cerata. Si sedettero e Camillo fu subito attratto dalle fotografie che riposavano, incorniciate, sulla credenza di fronte a loro; le esaminò con lo sguardo e poi, rivolgendosi alla signora Amalia domandò: «Sono i suoi figli quelli lì vestiti da alpino?»

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Capitolo 4

La solita storia del tappeto arrotolato…

Amava la matematica e quella finanziaria in particolare, tanto che spesso, con sua moglie, giocavano a chi per primo giungeva alla soluzione di problemi classici… Quando pensava a quelle piccole sfide casalinghe, tutte giocate sull’acume e sulla rapidità nell’usare il regolo calcolatore, Camillo diceva a se stesso: “Sei un uomo fortunato”.

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Capitolo 5

…e del cadavere nascosto nel tappeto.

L’intera vicenda gli aveva lasciato un senso di scoramento; era come se i segni della ripresa, della ricostruzione, della chiusura di quell’atroce parentesi che era stata la guerra, fossero stati cancellati all’improvviso. Il “reduce” Fiorenzo che massacra la propria madre e ne brucia il cadavere, lo aveva fatto ripiombare in un abisso che credeva fosse oramai alle spalle. Eppure, come attratto dalla tragedia, l’occhio di Camillo si fermò su un altro articolo, a pagina 2.

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Capitolo 6

Alpini in Russia

Meno quaranta era solo un numero negativo e i numeri erano infiniti. Ma la resistenza umana, quella no che non era infinita. Camillo poteva immaginare, sotto forma di numero, qualsiasi grandezza; persino l’infinito gli sembrava un concetto abbordabile quando era scritto in una formula matematica, ma la sensazione che si provava a respirare aria a meno quaranta, quella non riusciva proprio a concepirla.

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Capitolo 7

Il mistero del braccio mancante

Perché non gli riuscisse di pensare stando seduto rimaneva un mistero. E poi non era vero che da fermo non pensava: alla scrivania poteva fare calcoli, elaborare strategie, fare bilanci. Altroché se non pensava da seduto. Però, quando sentiva il tarlo del dubbio rodergli dentro, doveva stare in spazi aperti, come se avesse bisogno dell’aria fresca per spazzar via la nebbia che gli impediva di vederci chiaro. E, che lo volesse o meno, quel colloquio con Mario Martini di dubbi e di tarli gliene aveva messi in mente un bel po’.”

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Capitolo 8

Il commissario entra in scena. Ed esce quasi subito.

L'interno del commissariato era esattamente come se lo aspettava. Non ch'egli fosse un abituale frequentatore dei posti di polizia, ma, aggiungendo alla comune immagine degli uffici ministeriali un po' di sordidezza, non aveva faticato a figurarsi il locale. All'ingresso, in una nicchia posta sulla destra della porta, era collocata una bacheca con sopra le foto segnaletiche dei ricercati: quella di Bauducco Fiorenzo, vi faceva bella mostra al centro.

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