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Il valore del risparmio

Il valore del risparmio

“La tensione degli italiani verso il risparmio e l’effettiva capacità di risparmiare sono evidenti, sebbene siano in crescita le famiglie con un saldo negativo: una su cinque ha fatto ricorso a prestiti o ai risparmi accumulati”. Lo si legge nell’indagine 2022 Acri-Ipsos, dove viene precisato che “il concetto di risparmio porta con sé una forte accezione positiva (78%): parlare di risparmio significa, per molti italiani, parlare di tranquillità (38%), tutela (19%), saggezza (16%) e crescita (11%); risparmiare implica anche una proiezione al futuro per un italiano su tre e implica dei sacrifici (25% contro il 23% nel 2021)”.

Comunque, aumentano coloro che non vivono tranquilli se non mettendo da parte dei risparmi (37% contro il 33% nel 2021), a fronte di un ridimensionamento di chi affronta il risparmio senza troppe rinunce (49% contro il 53% nel 2021).

Questo desiderio di cercare nel risparmio una fonte di rassicurazione si scontrerà, però, con l’effettiva capacità di assolvere a questo compito nei prossimi 12 mesi: considerato l’aumento del costo della vita e l’adozione di strategie di contenimento dei costi – riporta l’indagine Acri-Ipsos – più di un terzo degli italiani (35%) risparmierà meno (solo 11% in misura maggiore), cambiando gli equilibri registrati fino allo scorso anno, durante il quale i due estremi erano pressoché allineati.

Si ha, quindi, un marcato calo delle famiglie in risalita o con un trend positivo di risparmio (23% contro 35%) e raddoppiano le famiglie che stanno affrontando o che affronteranno una crisi grave o moderata nella capacità di accumulo (35% contro18%). Le famiglie che lo scorso anno erano in una posizione intermedia, “in galleggiamento”, stanno scivolando verso una situazione di difficoltà o di rischio.

I risparmi accumulati in passato, soprattutto durante il periodo di lockdown, permettono a una percentuale elevata di italiani di fare fronte a spese impreviste con mezzi propri, anche se la situazione inflattiva e la voglia di cercare di mantenere i consumi – seppur con maggiore accortezza – riducono tale percentuale. Il 75% delle famiglie è in grado di far fronte a spese non programmate pari a 1.000 euro (79% nel 2021) e il 39% delle famiglie è in grado di fare fronte a spese non programmate di 10.000 euro (42% nel 2021).

Dalla ricerca, fra l’altro, emerge che la spirale inflazionistica e il decremento del potere d’acquisto delle entrate familiari non portano gli italiani a privilegiare un impiego del denaro diverso dall’accumulo. “Paradossalmente, la difficoltà di accumulare risparmi, l’aumento dei prezzi e la perdita di valore del denaro inducono a una crescente propensione verso la liquidità (63% contro il 61% nel 2021) come forma di protezione verso l’imprevisto, denotando una visione poco lungimirante e, in parte, legata alla difficoltà di identificare l’investimento ideale”.

Per più di un terzo degli italiani, infatti, l’accumulo di denaro è fine a sé stesso. Tuttavia, nel risparmio e nella possibilità di accumulo, poco meno di due terzi degli italiani intravedono anche la possibilità di progettare il futuro, avendo in mente un arco temporale molto variabile che va da 1-2 anni fino a 10 o più anni.

Lo scorso anno, a fronte della concreta possibilità di ripresa del Paese post Covid, si era osservato una maggiore apertura verso gli investimenti e verso gli strumenti finanziari più a rischio da parte di coloro che avevano risparmiato. Tale propensione, quest’anno, si è ridimensionata, riportando il livello di apertura all’investimento a livelli analoghi al 2020.

Spendere il denaro a disposizione o tenerlo a disposizione sul conto corrente è la soluzione verso cui propende il 63% degli italiani (era il 61% nel 2021; un dato che si mantiene costante dal 2001, anno d’inizio della rilevazione Acri-Ipsos).

Cresce, comunque, anche la quota di coloro che investirebbero in attività con impatto positivo su ambiente e società: la situazione di crisi non sembra aver fatto venir meno l’interesse a investire in sostenibilità. Infatti, continua a essere forte la consapevolezza del legame tra risparmio e crescita del Paese all’insegna di uno sviluppo sociale e civile (75%), anche se si registra una certa disillusione (21%).

L’indagine rivela che le prospettive di ripresa e sviluppo del Paese sono la principale fonte di preoccupazione per il 76% degli italiani (+20 punti percentuali rispetto al 2021), che guarda con molta attenzione le situazioni di forte rischio che si vanno delineando: la tenuta dei risparmi accumulati e la bontà delle scelte di investimento fatte, la capacità della classe dirigente di gestire in modo efficace le ingenti somme di denaro erogate con il Pnrr, le prospettive lavorative e la capacità di sostenere le esigenze familiari con le entrate e le risorse economiche a disposizione.

Solo uno su cinque pensa ai prossimi due o tre anni con fiducia e tranquillità, forte delle risorse economiche a disposizione, di un buono stato di salute, di una famiglia su cui contare.

In ogni caso, la dimensione sociale è presente nella quotidianità degli italiani e il legame tra risparmio privato e benessere della collettività passa anche dalle donazioni, dal 5X1000 e dal volontariato. Un italiano su cinque fa delle donazioni in denaro con una certa regolarità e svolge almeno una volta ogni due o tre mesi attività di volontariato a favore di un’associazione o di un’organizzazione senza scopo di lucro. Certamente, però, anche per le donazioni gli italiani non possono non fare i conti in tasca; infatti, pensano di continuare a dare aiuto a chi ne ha bisogno, ma saranno costretti a rivedere al ribasso la cifra erogata.

 

La disabilità nelle scuole italiane

La disabilità nelle scuole italiane

Alla vigilia della Giornata Internazionale delle persone con disabilità, celebrata il 3 dicembre, l’Istat ha comunicato che nell’anno scolastico 2021/2022 sono più di 316mila gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane (pari al 3,8% degli iscritti), circa 15mila in più rispetto all’anno precedente (+5%).

Ha anche rilevato che, negli ultimi anni, la Didattica a distanza (Dad) adottata per contenere i contagi da Covid-19 ha rappresentato un ostacolo alla partecipazione e all’interazione tra coetanei, soprattutto per gli studenti con disabilità. E se già nell’anno precedente le disposizioni ministeriali indirizzavano le scuole verso un ricorso moderato alla Dad, nell’anno scolastico 2021-2022, si è disposto che tutte le attività didattiche venissero svolte in presenza, consentendo alle scuole di ricorrere alle lezioni online solo in circostanze di straordinaria necessità e con la raccomandazione di garantire, anche in tali circostanze, l’attività in presenza agli alunni con disabilità.

Le nuove disposizioni, oltre a limitare il ricorso alle lezioni a distanza, hanno consentito a molti studenti con disabilità di partecipare in presenza durante i periodi di restrizioni. Nelle scuole che hanno attivato la Dad (64%), più di 86mila studenti con disabilità hanno preso parte alle lezioni in presenza, mentre il resto della classe era collegata da remoto; quasi 76mila hanno invece partecipato a distanza al pari dei compagni.

Nonostante si sia registrato un aumento dei livelli di partecipazione alla didattica, gli aspetti di socializzazione restano penalizzati: degli oltre 86mila alunni con disabilità che hanno partecipato in presenza nei periodi in cui la classe era in Dad, solo uno su tre ha potuto interagire con i coetanei collegati da remoto, gli altri hanno partecipato con il solo insegnante per il sostegno, in totale isolamento dal gruppo classe.

La gravità della patologia continua a rappresentare il principale motivo di esclusione dalla didattica a distanza (37% dei casi), seguono il disagio socio-economico, la difficoltà organizzativa della famiglia (entrambi al 16%) e la mancanza di strumenti tecnologici adeguati (13%).

Sempre l’Istat ha censito che sono oltre 207mila gli insegnanti per il sostegno impiegati nelle scuole italiane nell’anno scolastico 2021/2022: quasi 200mila nella scuola statale e più di 7mila nella scuola non statale. Sono aumentati di oltre 16mila unità rispetto all’anno scolastico precedente. Di questi docenti, più di 70mila (il 32%) sono stati selezionati dalle liste curricolari, si tratta cioè di insegnanti che non hanno una formazione specifica ma vengono impegnati nelle classi frequentate da alunni con disabilità per far fronte alla carenza di figure specializzate.

Questo fenomeno è più frequente nelle regioni del Nord, dove la quota di insegnanti curricolari che svolgono attività di sostegno sale al 42%, mentre si riduce al 19% nel Mezzogiorno. All’insufficienza di insegnanti con formazione specifica si affianca spesso un ritardo nell’assegnazione; a un mese dall’inizio della scuola, infatti, circa il 14% degli insegnanti per il sostegno non risultava ancora assegnato. Tale quota sale al 17% nelle regioni del Nord e tocca le punte massime in Lombardia (20%) Friuli-Venezia Giulia e Liguria (19 e 20%).

Nonostante la carenza di figure specializzate rappresenti ancora una criticità, emergono alcuni segnali positivi: negli ultimi tre anni, la quota di insegnanti specializzati per il sostegno ha registrato un significativo incremento, passando dal 63% dell’anno scolastico 2019-2020 al 68% del 2021-2022.

Dall’indagine dell’Istat, fra l’altro è emerso che nelle scuole sono ancora presenti molte barriere fisiche: soltanto una scuola su tre risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria. La situazione è migliore nel Nord del Paese, dove i valori sono superiori alla media nazionale (39,5% di scuole a norma) mentre peggiora, raggiungendo i livelli più bassi, nel Mezzogiorno (31,8%).

La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta, con il 58,4% di scuole accessibili; di contro la Provincia di Bolzano si distingue per la presenza più elevata di barriere fisiche (soltanto il 19% di scuole accessibili). L’assenza di un ascensore o la mancanza di un ascensore adeguato al trasporto delle persone con disabilità rappresenta la barriera più diffusa (45%). Numerose anche le scuole sprovviste di servoscala interno (31%) o di bagni a norma (24%). All’interno degli edifici, invece, raramente le scale o le porte non sono a norma (rispettivamente 6% e 3 % dei casi).

Inoltre, solo il 16% delle scuole dispone di segnalazioni visive per studenti con sordità o ipoacusia, mentre le mappe a rilievo e i percorsi tattili, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1,5% delle scuole.

Infine, l’Istat ha segnalato che, nonostante si rilevi ancora un grave ritardo nei livelli di accessibilità, solo il 19% delle scuole ha effettuato, nel corso dell’anno scolastico, lavori finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche mentre il 17% dichiara di non averlo fatto anche se l’edificio ne avrebbe avuto bisogno.

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