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Libri: diminuiscono gli editori attivi, aumenta la produzione

Libri: diminuiscono gli editori attivi, aumenta la produzione

L’emergenza pandemica ha influito anche sul comparto editoriale e sulla produzione libraria: tra il 2019 e il 2021, in Italia, sono diminuiti gli editori attivi (-10,1%) ma è aumentata la loro produzione, in termini sia di titoli pubblicati (+8,2%) sia di copie stampate (+3,7%).

Il settore editoriale italiano, comunque, si conferma storicamente polarizzato, composto da una pletora di operatori di piccole e piccolissime dimensioni e da un nucleo ristretto di medi e grandi marchi editoriali.

Il 53,4% degli editori attivi nel 2021 (1.534 in tutto) è classificato come “micro-editore” (con una tiratura annua non superiore a 5mila copie), il 37,4% come piccolo editore (tiratura massima di 100mila copie), il 6,7% come medio editore (tiratura non superiore a un milione di copie) e solo il 2,5% è classificato grande editore (tiratura superiore a un milione di copie).

I “grandi” editori, però, realizzano quasi un terzo (30,5%) della produzione libraria in termini di opere pubblicate e tre quarti (76%) in termini di tiratura.

Accanto agli operatori di maggiori dimensioni, l’ampia e variegata platea di micro, piccoli e medi editori contribuisce per il 69,5% all’offerta dei titoli pubblicati e per quasi un quarto (24%) alla tiratura. In media, se i micro e i piccoli editori hanno pubblicato nell’anno rispettivamente 9 e 54 titoli, i medi editori hanno prodotto 239 opere librarie e le grandi case editrici 706.

Con 90.195 opere librarie pubblicate, il 2021 è caratterizzato da una forte ripresa della produzione editoriale nazionale, non solo nel confronto con il primo anno segnato dal Covid-19 (+11,1% rispetto al 2020) ma anche rispetto alla situazione precedente (+8,2% sul 2019).

L’aumento della produzione è ancora maggiore se misurata in termini di quantità di copie stampate: con oltre 200 milioni di copie stampate nel 2021, l’incremento della tiratura è dell’11,7% rispetto al 2020 (+3,7% sul 2019) e ha interessato soprattutto le ristampe (+21,1%) e le prime edizioni (+10,3%). La quota di invenduto, pur rimanendo una caratteristica del mercato editoriale italiano, si ridimensiona: il 21,4% degli operatori del settore dichiara giacenza e reso per oltre la metà dei titoli pubblicati (24,8% nel 2020).

I libri del genere “varia” dominano l’offerta editoriale (81%), quelli per bambini e ragazzi costituiscono il 9,9% dei titoli pubblicati, le opere scolastiche il 9,1%. In termini di tiratura, le opere scolastiche e quelle per bambini e ragazzi coprono una considerevole quota di mercato: il 28,2% della tiratura complessiva è riconducibile all’editoria scolastica e quasi una copia stampata su cinque è un libro per bambini o ragazzi (19%), ma oltre la metà delle copie stampate (52,8%) appartiene alla categoria di “varia”.

Quanto ai contenuti editoriali, prevalgono i testi letterari moderni (21,4%), un’ampia categoria che include romanzi, racconti, libri gialli e di avventura, libri di poesia e testi teatrali, In particolare, gli oltre 14mila romanzi e racconti costituiscono circa il 15,9% dei titoli pubblicati e il 18,7% delle copie stampate nel 2021. In termini di tiratura, dopo i romanzi e l’editoria scolastica o pedagogica si rileva anche una buona diffusione di libri a fumetti, i quali incidono per una quota non marginale (4,2%).

Nel 12,4% dei casi i diritti di edizione delle opere librarie sono stati acquistati all’estero: si tratta di oltre 11mila titoli, in prevalenza narrativa moderna e fumetti, stampati in più di 44 milioni di copie (quasi un quarto della produzione complessiva). La quota di opere i cui diritti di edizione sono venduti all’estero è invece ancora residuale: rappresenta solo il 2,7% della produzione libraria italiana, ma mostra lievi segnali di crescita.

Nel 2021, il costo medio di un libro cartaceo non è aumentato rispetto al 2020, attestandosi su un valore pari a poco più di 20 euro. Meno della metà della produzione libraria (46,8%) è costituita da opere con un prezzo non superiore a 15 euro mentre il 29,2% dei titoli ha un prezzo compreso tra 10 e 15 euro.

In termini economici, il valore totale della produzione, corrispondente al totale dei libri pubblicati nel 2021, è pari a 3,9 miliardi di euro (+12,3% sul 2020), cui contribuiscono in misura differente le diverse tipologie di editori: i grandi editori per il 75,1%, i medi per il 17,4%, i piccoli e i micro per il rimanente 7,4%. Il valore della produzione è ripartito quasi egualmente per genere: il 45,8% è da attribuire ai libri di “varia”, il 43,4% all’editoria scolastica e poco più di un decimo (10,7%) è rappresentato dall’editoria per bambini e ragazzi.

Nel 2021, il 40,8% delle persone di 6 anni e più ha letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali, valore pressoché stabile rispetto al 2020.

La quota delle lettrici è del 45,7% e quella dei lettori del 35,8%.

In assoluto, il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze di 11-24 anni, tra le quali oltre il 60% ha letto almeno un libro nell’anno, con un picco tra i 18 e 19 anni (62,6%).

Negli ultimi anni si sta diffondendo anche in Italia il consumo di prodotti editoriali digitali. Nel 2021 sono 6,645 milioni le persone che hanno dichiarato di aver letto e-book e/o libri online.

Sempre più sportivi

Sempre più sportivi

Sempre più persone (con più di tre anni) praticano attività fisico-sportiva nel tempo libero: dai circa 34 milioni censiti nel 2000 ai 38,653 milioni nel 2021 (66,2%). Lo ha rilevato l’Istat, spiegando che fino al 2020 l’incremento è stato trainato principalmente dall’aumento della pratica continuativa di sport, mentre è rimasta pressoché stabile la pratica sportiva saltuaria (intorno al 9,5%) e risulta tendenzialmente decrescente la pratica di attività fisica (dal 33,2% nel 2000 al 28,1% nel 2020).

Nel 2021 lo sport continuativo ha subito una contrazione (dal 27,1% al 23,6%), mentre è aumentato leggermente lo sport saltuario (pari al 10,9%) e, in misura più decisa, la pratica di attività fisica (dal 28,1% al 31,7%).

Tale andamento può essere ricollegato anche al cambiamento negli stili di vita indotto dalle misure di contrasto alla pandemia, che hanno per lungo tempo ridotto la possibilità di svolgere attività sportiva negli ambienti chiusi di palestre, piscine e impianti sportivi e la pratica all’aperto in tutti gli spazi esterni alle abitazioni.

Nella seconda metà del 2020 e fino a buona parte del 2021 le reiterate restrizioni per palestre e centri sportivi hanno inciso negativamente sulla pratica continuativa principalmente al chiuso. La possibilità di poter svolgere nuovamente attività all’aperto ha invece avuto effetti positivi sull’aumento di attività fisiche non strutturate (fare lunghe passeggiate, andare in bicicletta, nuotare, ecc.).

Comunque, nel 2021, il 27,9% degli uomini ha praticato sport con continuità e l’11,9% lo ha fatto saltuariamente, mentre fra le donne la percentuale è, rispettivamente, del 19,6% e del 10%. Nel tempo, il graduale aumento della pratica sportiva ha però riguardato sia gli uomini che le donne; il gap di genere si è quindi ridotto di quasi il 30%.

Malgrado i miglioramenti nel tempo, in termini di pratica fisico-sportiva, più di un terzo delle persone (33,7%) intervistate dall’Istat ha dichiarato di non praticare sport o attività fisica nel tempo libero (30,3% degli uomini e 36,9% delle donne).

Durante l’intero ciclo di vita, tende a praticare sport specialmente la popolazione più giovane (6-24 anni); tale abitudine decresce nelle età centrali, ma aumenta la frequenza di qualche attività fisica. Anche la sedentarietà aumenta al crescere dell’età: riguarda generalmente due persone su 10 tra gli adolescenti e i giovani fino a 24 anni e quasi sette su 10 tra la popolazione di 75 anni e più.

Nel 2021, il 16,8% degli sportivi con più di tre anni ha dichiarato di praticare sport meno di una volta a settimana, il 49,2% una o due volte a settimana e il 34% tre o più volte a settimana.

Tra chi pratica sport, il 35,6% si allena fino a due ore a settimana, il 22,7% dedica allo sport un tempo compreso tra le due e le quattro ore a settimana, mentre per il 16,8% l’impegno è di quattro ore a settimana o più.

La frequenza allo sport si riduce nelle classi di età adulte (25-64 anni) mentre recupera tra gli over65: in questa fascia d’età il 44,5% degli sportivi pratica sport in media tre o più giorni a settimana.

Anche il tempo dedicato settimanalmente alla pratica sportiva è più limitato per i bambini di 3-5 anni e gli adulti di 25-64 anni, mentre è più elevato tra gli sportivi di 15-24 anni e di oltre 65 anni. In queste due ultime fasce di età il 22,6% e il 23,8% riserva allo sport un tempo superiore alle quattro ore a settimana.

Dall’indagine dell’Istat emerge, fra l’altro, che il livello di istruzione rappresenta un elemento rilevante per la pratica sportiva: pratica sport il 51,2% dei laureati, il 38,3% dei diplomati e soltanto il 15,6% fra coloro che hanno la licenza della scuola media dell’obbligo. E le diseguaglianze rispetto al titolo di studio sono aumentate nel tempo.

Brevetti italiani

Brevetti italiani

L’Italia delle “invenzioni” continua a crescere in Europa. Nel 2021, le domande “tricolori” di brevetto pubblicate dall’Epo (European Patent Office) sono aumentate del 2% rispetto al 2020, risultando così 4.555, cioè 90 in più. E, come mostra l’ultima analisi effettuata da Unioncamere–Dintec, la parte da leone, lo scorso anno, l’hanno fatta le tecnologie farmaceutiche, la biotecnologia e la chimica, con un incremento del 9,5%.

Se poi si aggiungono le domande presentate dall’Italia all’Epo, ma non ancora pubblicate, la crescita sale 6,5%, a fronte di una media del 2,3% registrata dall’Unione Europea a 27.

“I dati sui brevetti italiani in Europa e nel mondo – sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Preteevidenziano la capacità delle nostre imprese di competere con l’innovazione dei prodotti e si manifesta in modo ancora più intenso su scala internazionale. Nel 2020, infatti, sono oltre 10mila i brevetti italiani depositati alla Word Intellectual Property Organization (Wipo); un dato che aiuta ad avere una idea più chiara dell’attitudine alla ricerca del nostro sistema produttivo e della sua reale capacità di competere a livello globale”.

L’analisi per macro–classi tecnologiche delle 4.555 domande di brevetto europeo pubblicate nel 2021 evidenzia che le tecnologie chimico-farmaceutiche hanno fatto registrare 955 brevetti, pari al 21% della capacità innovativa italiana in Europa. A seguire, in termini di dinamica, le tecnologie elettriche ed elettroniche, che, con 499 invenzioni pubblicate, crescono del 4,8% rispetto all’anno precedente.

In termini assoluti, però, il contributo maggiore alla brevettazione italiana è sempre quello delle tecnologie della meccanica e dei trasporti con 1.790 domande di brevetto pubblicate, in lieve diminuzione rispetto al 2020 (-0,8%). Un altro 14% concerne l’insieme delle tecnologie e delle strumentazioni di misurazione e controllo.

L’analisi per campo tecnologico mostra che nel 2021 il campo delle “necessità umane” e quello delle “tecniche industriali e trasporti”, con 2.458 brevetti pubblicati, assorbono il 54% della capacità inventiva Made in Italy. Nel primo rientrano i brevetti relativi a diversi ambiti di attività, dall’agricoltura all’abbigliamento, passando per il tabacco e lo sport; il secondo riguarda, invece, le tecnologie della manifattura e quelle dell’automotive.

Rispetto al 2020, gli incrementi maggiori riguardano la meccanica e l’illuminazione (8,1%), le costruzioni (7,5%), la chimica la metallurgia (5,4%).

Dal 2008 al 2021, le invenzioni italiane protette a livello europeo sono state quasi 56.500; per il 79% esse si riferiscono a soggetti (imprese, enti di ricerca e inventori) residenti nelle regioni settentrionali.

Con 1.420 brevetti nel 2021, la Lombardia è la regione in cui più si concentra la capacità innovativa delle imprese; seguono l’Emilia-Romagna (con 767 domande pubblicate), il Veneto (con 627) e il Piemonte (464).

Nel loro insieme, queste quattro regioni concentrano il 72% dei brevetti italiani all’Epo. L’anno scorso le migliori performance sono state pubblicate dall’Emilia-Romagna (+9,3%) e dal Veneto (+5,2%). Le regioni del Mezzogiorno producono solo il 5,6% delle domande complessive.

Quasi due brevetti europei su tre dei 4.555 del 2021 si riferiscono alle prime 15 province del Paese, con un totale di 2.989 domande. Milano, Torino, Bologna, Roma e Treviso sono le province che hanno presentato il maggior numero di brevetti, con 1.729 domande, il 38% di quelle pubblicate per le 105 province considerate.

Filiale di Venaria: chiusura temporanea per lavori di manutenzione

Filiale di Venaria: chiusura temporanea per lavori di manutenzione

Per offrire servizi sempre più all’avanguardia e una filiale più accogliente, la filiale di Venaria – Corso Garibaldi, 59 – resterà chiusa per lavori di manutenzione da venerdì 6 gennaio fino a lunedì 23 gennaio compreso.

In queste date non sarà possibile, per nessun motivo, accedere ai locali della Banca.

Tutta l’operatività verrà temporaneamente trasferita presso la filiale di Caselle – Via Torino, 106 – dove potrai trovare i servizi e la cortesia di sempre.

La filiale di Venaria, con la sua nuova veste, riprenderà l’attività martedì 24 gennaio alle ore 12.00.

A partire da mercoledì 25 gennaio ti aspettiamo, dal lunedì al venerdì, con i seguenti orari: per operazioni di sportello, dalle 8:45 alle 13:30 e per attività di consulenza, dalle 8:45 alle 13:30 e dalle 14:45 alle 16:00.
Per le attività di consulenza è gradito l’accesso su appuntamento.

In Piemonte un miliardo di alberi, ma non bastano

In Piemonte un miliardo di alberi, ma non bastano

Riducono le emissioni, proteggono il suolo, migliorano la qualità dell’aria e la vivibilità dei luoghi. Ecco le funzioni degli alberi, ai quali, giustamente, è dedicata una Giornata nazionale, che annualmente si celebra il 21 novembre.

Fra l’altro, nella lotta al surriscaldamento globale, gli alberi svolgono un ruolo fondamentale, avvalorato da studi scientifici che dimostrano come senza il contributo delle foreste sarà impossibile contenere il riscaldamento globale a 1,5 °C, obiettivo dell’Accordo di Parigi.

In Italia – ricorda Confagricoltura – la superficie boschiva supera gli 11 milioni di ettari e rappresenta il 36,7% del territorio nazionale, con una crescita del 3,7% rispetto al rilevamento del 2005.

Dal 1990 a oggi, tuttavia, circa 1,5 milioni di ettari sono stati persi dall’agricoltura a beneficio di una superficie forestale non gestita, il che significa aumento del pericolo di incendi (nel 2021 l’Italia è stato il Paese europeo più colpito dai roghi boschivi), riduzione della fruibilità del territorio, perdita di valore paesaggistico e aumento dei rischi idrogeologici.

La situazione spinge quindi a una riflessione ampia, che non si limita alla valorizzazione del verde attraverso nuove piantagioni, bensì pone l’evidenza di una gestione oculata di questo patrimonio.

“Dobbiamo lavorare sul riordino fondiario, sull’aggregazione, sulla pianificazione forestale che oggi coinvolge solo il 15% delle superfici e sulla formazione degli operatori che lavorano nel bosco” ha detto il presidente della Federazione nazionale Risorse Boschive di Confagricoltura, Enrico Allasia, aggiungendo che bisogna puntare sulla valorizzazione del bosco non solo in termini di prodotto, ma anche di servizi ecosistemici.

“Una superficie forestale gestita e non lasciata a sé stessa – ha spiegato Allasia – significa legno nelle zone vocate, ma anche turismo ed economia di base per prodotti come funghi e tartufi. Non meno importante è la filiera medicale per le foreste: le persone che hanno bisogno di una riabilitazione psicologica o motoria possono usufruire di questi spazi e questa è un’altra opportunità che i boschi offrono agli imprenditori che vogliono cimentarsi in questo campo”.

Comunque, l’Italia ha festeggiato la Giornata nazionale degli alberi con l’annuncio di 6,6 milioni di nuove piante in arrivo grazie ai fondi del Pnrr per creare corridoi verdi fra città e campagne, mitigare le isole di calore in estate, rafforzare il terreno contro le bombe d’acqua e ripulire l’aria inquinata dallo smog.

La messa a dimora di nuovi alberi è importante – sostiene la Coldiretti – per affrontare il problema della ridotta disponibilità di spazi verdi nelle città, dove si dispone di appena 33,8 metri quadrati di verde urbano per abitante, puntando su un grande piano di riqualificazione urbana di parchi e giardini che migliori la qualità dell’aria e della vita della popolazione dando una spinta all’economia e all’occupazione. La situazione infatti è peggiore nelle metropoli, dove i valori vanno dai 15,2 metri quadrati di Messina ai 17,1 di Roma, dai 17,8 di Milano ai 22,2 di Firenze, dai 42,4 di Venezia ai 9,2 di Bari.

D’altra parte, il verde migliora anche la qualità della vita nelle città considerato che – evidenzia la Coldiretti – una pianta adulta è capace di catturare dall’aria dai 100 ai 250 grammi di polveri sottili mentre un ettaro di piante è in grado di aspirare dall’ambiente ben 20mila chili di anidride carbonica (CO2) all’anno. Senza dimenticare gli effetti di mitigazione sui microclimi metropolitani, visto che la differenza di temperatura estiva delle aree urbane rispetto a quelle rurali raggiunge spesso valori superiori a 2°C nelle città più grandi.

In Piemonte, la superficie boschiva supera il milione di ettari. Negli ultimi 60 anni le superfici boscate del territorio subalpino sono aumentate dell’80%, arrivando a occupare il 37% del territorio regionale, con un miliardo di alberi, 52 specie arboree e 40 specie arbustive.

“Si tratta di un patrimonio di biodiversità eccezionale che oltre a produrre legno valorizza il paesaggio e l’ambiente, contribuendo in modo determinante al sequestro dell’anidride carbonica e purificando l’aria ha detto Enrico Allasia, presidente anche di Confagricoltura Piemonte. Che ha aggiunto: Se consideriamo che un cittadino consuma mediamente 167 kg all’anno di CO2 e che in Piemonte abitano circa 4,4 milioni di persone significa che, all’anno, dovremmo piantare 150 milioni di alberi per compensare l’emissione di CO2 dei singoli cittadini”.

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