In questo periodo di pandemia lo smart working si è rivelato un importante strumento per evitare gli assembramenti in azienda ed aumentare il distanziamento sociale garantendo la sicurezza dei lavoratori.
Durane le ultime settimane sono 8 milioni gli italiani che hanno lavorato da casa o da remoto al contrario delle 500 mila che lo facevano già prima della pandemia (indagine Cgil della Fondazione Vittorio – Fonte Sole24Ore).
Per lavorare da casa servono competenze specifiche dei servizi informatici, che più della metà possedeva già.
Non solo lavoratori però, anche le imprese italiane sono arrivate preparate al lockdown, come rivela Excelsior, il sistema informativo di Unioncamere. Un’impresa su quattro era già organizzata avendo investito nell’adozione di questo sistema, come forma di innovazione del proprio modello organizzativo aziendale, già dal 2015.
Non solo: la tendenza è in crescita progressiva (ancora nel 2018 la quota era del 23,5%) e appare destinata a conoscere una ulteriore impennata nel prossimo futuro.
Le differenze stanno, ovviamente, in due fattori principali: la tipologia di azienda e la sua dimensione.
Le imprese di servizi informatici e tecnologie sono in testa con un investimento del 50,9% seguito dei servizi finanziari con il 48,8%. L’innovazione del lavoro agile, infatti, riguarda il 53,1% delle aziende con più di 500 dipendenti, il 50,3% tra i 250 e i 499 dipendenti e il 41,8% tra i 50 e i 249 dipendenti. La percentuale scende per le imprese più piccole.
Lo smart working ha rivoluzionato, non solo la nostra vita lavorativa, ma anche quella relazionale.
Le riunioni con i colleghi oggi si fanno su piattaforme online che permettono la condivisione in tempo reale, non solo di audio e immagine, ma anche di materiale.
Il servizio di videochiamata, reso possibile grazie a strumenti come Microsoft Teams, è oramai indispensabile per svolgere le attività quotidiane.
La videochiamata viene utilizzata, con convinzione, anche per offrire supporto ai clienti mantenendo una relazione a distanza e garantendo la professionalità di sempre, senza che la lontananza fisica intacchi il rapporto. Teams è uno strumento di facile utilizzo che offre un vero valore aggiunto per poter parlare “vis a vis” in modalità 2.0.
La modalità di lavoro da remoto, ad oggi, è fortemente sostenuta dagli italiani: il 60% vorrebbe continuare anche a pandemia finita, i più propensi sono gli uomini.
Ovviamente non mancano i contro in questa nuova soluzione lavorativa, i più impattanti probabilmente legati al periodo difficile che stiamo vivendo.
Una volta che le nostre vite saranno tornate alla normalità, vorresti continuare a lavorare da casa o preferiresti ritrovare ogni mattina il tuo collega per il caffè?
Il periodo emergenziale che stiamo vivendo a causa del Covid – 19 ci ha costretto a cambiare le nostre abitudini. Oggi la videochiamata è diventato un mezzo indispensabile per svolgere le attività quotidiane di contatto con i propri familiari e amici, ed anche con: i colleghi di lavoro, i fornitori e la tua Banca.
Per continuare a supportare i nostri clienti, anche da lontano, abbiamo attivato il servizio di videochiamata di Microsoft Teams.
Incontrando la tua filiale o il tuo gestore in videochiamata potrai parlare di progetti da realizzare, dell’andamento degli investimenti, di eventuali esigenze sorte in questi mesi, rimanendo a casa o in ufficio nel totale rispetto della privacy, esattamente come se ti recassi in Banca.
Come attivare la videochiamata di Microsoft Teams
L’attivazione del servizio di videochiamata prevede questi semplici passi:
1. scrivi o telefona alla tua filiale o al tuo gestore per chiedere un appuntamento su Microsoft Teams ;
2. controlla la tua mail sulla quale arriverà l’invito per partecipare alla videochiamata;
3. alcuni minuti prima dell’orario dell’appuntamento clicca sul link presente sull’invito e dal tuo smartphone, tablet o PC potrai dialogare in diretta con la tua filiale o il tuo gestore.
Il servizio è disponibile per Privati e Imprese, non esitare a contattarci!
Nella nostra Torino travagliata dagli ultimi avvenimenti, uno sprazzo di luce arriva dalle imprese che fanno capo a giovani under 35.
L’anno scorso, nella provincia di Torino, il numero delle imprese che fanno capo a giovani fino a 35 anni non solo non è calato, come è successo in tutto il resto del Piemonte e in buona parte d’Italia, ma è addirittura aumentato.
Certo, di poco, ma quel poco che ci permette di guardare con positività al futuro dal momento che, oggi più che mai, lo spirito imprenditoriale giovanile è fondamentale per la crescita e la diffusione del benessere economico e non.
Sono quindi 21.027 le imprese giovanili attive nella provincia di Torino al 31 dicembre scorso, contro le 21.005 alla stessa data del 2018.
Non solo le imprese guidate dai giovani, ma anche le startup innovative sono cresciute in Piemonte.
Il dato positivo arriva dalla nostra provincia: Torino infatti vanta 385 startup innovative registrate nel primo trimestre, 9 in più rispetto al 31 dicembre 2019.
Torino si aggiudica il quarto posto nella graduatoria nazionale, preceduta dalle province di Napoli (439), Roma (1.147) e Milano (2.198).
Ma quando un’impresa può definirsi startup innovativa? Quando quell’impresa, (Srl, Srls, Spa, Sapa, costituita anche in forma cooperativa e non quotata su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione) si contraddistingue per lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. La nuova impresa, quindi, deve proporre prodotti o servizi che abbiano una forte matrice tecnologica e capaci di apportare un cambiamento positivo nel proprio settore.
Le startup innovative rappresentano, in tutti i Paesi avanzati, un elemento chiave per migliorare l’economia, sono motore della crescita e dell’innovazione, creano occupazione, e pertanto tutti i Governi competitivi cercano di agevolarne la costituzione. Anche il nostro Paesesostiene la nascita delle startup attraverso una regolamentazione che ne semplifica la costituzione e contempla delle agevolazioni.
È bene infatti ricordare che le stratup non contribuiscono solo all’innovazione e alla crescita del nostro Paese, ma anche in maniera significativa alla creazione di posti di lavoro: 65.000 sono le persone impiegate nelle startup, delle quali almeno 50.000 sono soci di capitale dell’azienda.
Un altro dato interessante rivela che il 17,5% delle startup innovative è stato fondato da under 35 ed il 13,3% di queste micro imprese è femminile.
E’ forse davvero arrivato il momento di lasciare spazio ai giovani per rilanciare il nostro Paese!
Per necessità, per piacere o come antistress il fai da te culinario ha aiutato a superare la chiusura forzata in casa, ma ha portato a considerevoli rincari dei prezzi delle materie prime più utilizzate.
Per gli italiani il lockdown, imposto dall’emergenza Coronavirus, ha fatto ritrovare la voglia di cucinare regalandoci il piacere di riscoprire tradizioni gastronomiche tipicamente nazionali, come la pasta fatta a mano, la pizza e persino il pane fatto in casa.
Questa attitudine culinaria non è stata testimoniata solo dalla condivisione di questi momenti casalinghi sui social, ma a certificare la nuova tendenza antistress del fai da te culinario è stata la rilevazione dei prezzi all’ingrosso, effettuata dalle Camere di Commercio ed elaborata da Unioncamere e Borsa merci telematica, dalla quale è emerso il rincaro del 7% delle farine a marzo rispetto a febbraio.
Questo aumento è da considerarsi in conseguenza proprio dell’aumento delle vendite nei supermercati non solo delle farine, ma anche del 2,4% per la semola, ingrediente prezioso soprattutto per la pasta fatta in casa.
Alla voglia di mettere “le mani in pasta” degli italiani, ristretti tra le mura domestiche dal Covid-19, si deve anche l’aumento del prezzo delle uova, salito del 4,2% rispetto a febbraio e del 17,7% su base annua.
L’innalzamento della domanda di farine e sfarinati per uso domestico è stata tale da compensare la pesante riduzione delle vendite destinate al sistema della ristorazione e dell’alberghiero. I prezzi di marzo di questi prodotti sono i più elevati anche rispetto allo scorso anno.
Comunque, la riscoperta del piacere di cucinare da parte degli italiani è andata in parallelo alla crescente attenzione al costo della spesa. A dimostrarlo è anche il forte aumento dei prezzi all’ingrosso delle carni di pollo, meno accentuata, invece, è stata la crescita dei prezzi della carne di tacchino, di quelle suine e di vitellone.
Gli effetti del lockdown nel settore della ristorazione e dell’ospitalità, con la conseguente forte contrazione della domanda di prodotti freschi, emergono con evidenza, invece, dal calo dei prezzi del latte spot nazionale e dei prezzi all’ingrosso dei formaggi a lunga conservazione. Tali ribassi sono conseguenti anche alla caduta delle esportazioni, solo in parte bilanciate dalle vendite nella Grande distribuzione organizzata (Gdo).
Sono rimasti sostanzialmente stabili, finora, i prezzi dei vini, che, soprattutto nel segmento di maggior pregio, stanno risentendo negativamente della chiusura del settore della ristorazione, solo in parte compensata dalle vendite nella Gdo.
L’Italia, con 299 riconoscimenti, detiene il primato europeo.
Le sigle DOP, IGP e STG fanno ormai parte della nostra quotidianità, ma cosa indicano realmente?
DOP è l’acronimo di Denominazione di Origine Protetta, IGP sta per Indicazione Geografica Protetta e STG significa Specialità Tradizionali Garantite, oltre al loro significato intrinseco, queste denominazioni rappresentano l’eccellenza italiana del settore agroalimentare e, inoltre, un fattore di forte competitività per il nostro paese.
Un altro tassello di cui andare fieri e per il quale tutto il mondo guarda verso l’Italia.
La valenza di questo settore è sottolineata dal primato del nostro Paese con 299 riconoscimenti conferiti dall’Unione europea.
A partire dal 2007, come ha censito l’Istat, il settore agroalimentare dei prodotti di qualità ha registrato una continua crescita, soprattutto delle superfici agricole utilizzate e anche dei processi di trasformazione.
Data anche la distribuzione delle produzioni DOP, IGP e STG, il 45% degli operatori svolge la propria attività nelle regioni settentrionali (circa il 30% nel Nord-Ovest).
In particolare, il Piemonte risulta la regione con il più alto numero di comuni (288) con la superficie impiegata per i prodotti di qualità, battendo anche Sicilia (236), Toscana (222), Calabria (216) e Puglia (197).
Nella nostra regione annoveriamo tra i prodotti: il Castelmagno DOP, il Bra DOP e la Robiola di Roccaverano DOP, il Salame Piemonte IGP, il Riso Baraggia biellese e vercellese DOP, le Nocciole del Piemonte IGP, il Fagiolo Cuneo IGP, la Mela rossa Cuneo IGP e il Marrone della Val di Susa IGP.
Il settore dell’agroalimentare è di rilevante importanza sia in termini di produzione che di occupazione per la nostra intera penisola.