Nel 2020,la spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è stata di 2.328 euro mensili, inferiore del 9% rispetto al 2019 in valori correnti. Lo stima l’Istat sottolineando che è la contrazione più accentuata dal 1997 (anno di inizio della serie storica) e che riporta al livello del 2000. Fra l’altro, poiché la distribuzione dei consumi è asimmetrica e più concentrata nei livelli medio-bassi, la maggioranza delle famiglie ha speso un importo inferiore al valore medio, cioè 1.962 euro.
L’Istat precisa inoltre che nella spesa, quella per l’abitazione, è compreso l’importo degli affitti figurativi, cioè quanto la famiglia dovrebbe sostenere per prendere in affitto un’abitazione con caratteristiche identiche a quella in cui vive e di cui è proprietaria, usufruttuaria o che ha in uso gratuito. Al netto di tale posta, nel 2020 la spesa media familiare in termini correnti è stata di 1.741 euro, il 12,2% in meno rispetto al 2019.
La flessione dei consumi riguarda in misura diversificata i capitoli di spesa: alcuni non hanno mostrato variazioni, altri hanno registrato diminuzioni molto marcate, risentendo tutti sia delle restrizioni imposte per contrastare la pandemia sia del diverso grado della comprimibilità delle spese stesse. Nello specifico, rispetto al 2019, sono rimaste sostanzialmente invariate la spesa per alimentari e bevande analcoliche (468 euro al mese) e quella per abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria (893 euro mensili, di cui 587 euro di affitti figurativi).
La spesa per tutti gli altri capitoli, che nel 2020 vale complessivamente 967 euro al mese, scende invece del 19,3% rispetto ai 1.200 euro del 2019. Le diminuzioni più drastiche riguardano i capitoli di spesa sui quali le misure di contenimento hanno agito maggiormente e in maniera diretta, cioè servizi ricettivi e di ristorazione (-38,9%, 79 euro mensili in media nel 2020) e ricreazione, spettacoli e cultura (-26,4%, 93 euro mensili), seguiti da capitoli fortemente penalizzati dalla limitazione alla circolazione e alla socialità, come Trasporti (-24,6%, 217 euro mensili nel 2020) e abbigliamento e calzature (-23,3%, 88 euro mensili).
Conseguentemente, varia anche la composizione interna della spesa corrente: passa dal 35% al 38,4% la quota di spesa per Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, che resta la più rilevante, insieme a quella per Alimentari e bevande analcoliche (dal 18,1% al 20,1%), al cui aumento contribuiscono principalmente carni (da 3,8% a 4,4%) e latte, formaggi e uova (da 2,3% a 2,7%). Si riducono, invece, di due punti percentuali (dall’81,9% al 79,9%) le quote destinate a beni e servizi non alimentari, in particolare quelle relative a Trasporti (da 11,3% a 9,3%), Servizi ricettivi e di ristorazione (da 5,1% a 3,4%), Ricreazione, spettacoli e cultura (da 5,0% a 4,0%), Abbigliamento e calzature (da 4,5% a 3,8%).
Tra le altre categorie merceologiche, quella degli Altri beni e servizi (che rappresenta il 7,2% della spesa totale, 167 euro mensili) scende del 12,1% rispetto al 2019, mentre la spesa per Comunicazioni (2,3% della spesa totale; 54 euro mensili) diminuisce dell’8,7%, un trend ormai di lungo periodo. A seguire, il capitolo Servizi sanitari e spese per la salute (4,6% della spesa complessiva, 108 euro al mese), è in calo dell’8,6% sul 2019; quello relativo a mobili, articoli e servizi per la casa (4,5%, 104 euro mensili) scende del 5,7% rispetto all’anno precedente. Infine, in calo anche i due capitoli il cui peso sulla spesa complessiva si ferma sotto il 2%: Bevande alcoliche e tabacchi (43 euro mensili) -7,7% sul 2019 e Istruzione (14 euro al mese) -13,9%.
Nel quadro di stabilità della spesa delle famiglie per Alimentari e bevande analcoliche, aumenta in misura ampia quella per latte, formaggi e uova (62 euro al mese; +5,1% rispetto al 2019) e per carni (102 euro mensili; +3,4% rispetto all’anno precedente). In forte riduzione invece le spese per oli e grassi (15 euro mensili; -7% rispetto al 2019), per zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolciumi (18 euro al mese; -6,4% sul 2019) e per caffè, tè e cacao (14 euro mensili; -5,1% rispetto all’anno precedente), voci che pesano comunque meno dell’1% sulla spesa totale.
Le stime preliminari del primo trimestre 2021 mostrano che le misure di contenimento alla diffusione del Covid-19 hanno prodotto un ulteriore calo di circa il 3,4% della spesa media mensile rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; in particolare, la riduzione dell’offerta e della domanda commerciale al dettaglio ha determinato una flessione del 7,5% delle spese diverse da quelle per prodotti alimentari e per l’abitazione rispetto al primo trimestre 2020.
Anche nel 2020, le regioni con la spesa media mensile più elevata sono Trentino-Alto Adige (2.742 euro) e Lombardia (2.674 euro) mentre Puglia e Basilicata hanno la spesa più contenuta, rispettivamente 1.798 e 1.736 euro mensili.
I livelli e la composizione della spesa variano a seconda anche della tipologia del comune di residenza. Infatti, nei comuni centro di area metropolitana le famiglie spendono di più: 2.616 euro mensili contro i 2.378 euro nei comuni periferici delle aree metropolitane e in quelli con almeno 50mila abitanti e i 2.207 euro nei comuni fino a 50mila abitanti che non appartengono alla cerchia periferica delle aree metropolitane. Tuttavia, la maggior contrazione della spesa per consumi (-10,1%) si registra proprio nei comuni centro di area metropolitana.
Nel 2020, la voce di spesa che le famiglie hanno maggiormente limitato è quella per viaggi e vacanze. La percentuale di chi l’ha ridotta rispetto all’anno precedente è del 46,8%. L’altra voce di spesa che, nel 2020, le famiglie hanno contenuto di più rispetto all’anno precedente è quella per abbigliamento e calzature: il 45,5% ha limitato l’esborso. All’opposto, la voce di spesa che le famiglie hanno limitato in misura minore è quella per visite mediche e accertamenti periodici (15,7%).
In Italia, il 18,3% delle famiglie paga un affitto per l’abitazione in cui vive. La spesa media per le famiglie che pagano un affitto è di 414 euro mensili a livello nazionale, stabile rispetto al 2019. La quota più elevata di famiglie in affitto si registra nei comuni centro di area metropolitana (27,8%), dove si paga mediamente un affitto pari a 496 euro mensili.
Paga un mutuo il 19,5% delle famiglie che vivono in abitazioni di proprietà (circa 3,7 milioni). Dal punto di vista economico e contabile, questa voce di bilancio è un investimento, e non rientra quindi nel computo della spesa per consumi; ciononostante, per le famiglie che la sostengono rappresenta un esborso consistente e pari, in media, a 545 euro mensili.
Oggi siamo lieti di comunicare che, il 19 giugno, abbiamo organizzato un OPEN DAY VACCINALE presso l’HUB VACCINALE API TORINO, a cui possono partecipare tutti i dipendenti Banca del Piemonte, i nostri giovani stagisti, e naturalmente anche i familiari conviventi che non hanno ancora avuto l’opportunità di effettuare il vaccino.
Nulla è più importante della salute e questa opportunità, fortemente voluta dalla nostra Banca, è un’occasione che ci permette di lavorare con maggiore serenità, a tutela nostra, delle nostre famiglie e dei nostri Clienti.
Per offrire servizi sempre più all’avanguardia e una Filiale più accogliente, la Filiale di Cuneo – Piazza Tancredi Galimberti 14 – resterà chiusa per lavori di manutenzione da sabato 19 giugno fino a domenica 27 giugno compreso.
In queste date non sarà possibile, per nessun motivo, accedere ai locali della Banca.
Tutta l’operatività verrà temporaneamente trasferita presso la Filiale di Saluzzo – Via Silvio Pellico, 23/25 – dove potrai trovare i servizi e la qualità di sempre.
La Filiale di Cuneo, con la sua nuova veste, riprenderà l’attività lunedì 28 giugno alle ore 12.00.
A partire da martedì 29 giugno ti aspettiamo, su appuntamento, con i consueti orari dalle 8.30 alle 13.30 e dalle 14.45 alle 16.00.
È la spinta delle giovani con meno di 35 anni a caratterizzare l’andamento della natalità delle imprese femminili nel primo trimestre. Come mostrano i dati dell’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, le nuove imprese fondate da under 35 aumentano dell’8,1% rispetto alle iscrizioni registrate nei primi tre mesi 2020. Ancora molto timorose, invece, si rivelano le imprenditrici più adulte, la cui voglia di mettersi in proprio è inferiore del 2%.
Dopo la caduta delle iscrizioni complessive di nuove aziende guidate da donne registrata nel corso di tutto il 2020, torna comunque a salire lievemente, nel primo trimestre di quest’anno, l’indicatore principe della vitalità imprenditoriale: 26.299 le imprese femminili nate tra l’inizio di gennaio e la fine di marzo, a livello nazionale, contro le 26.044 dello stesso periodo di un anno fa, che è stato il dato più basso dal 2015. Sebbene ancora ben al di sotto delle performance del passato, la crescita dell’1% rispetto a gennaio-marzo 2020 segna, quindi, una prima svolta rispetto ai trimestri precedenti, anche se non assume ancora la robustezza degli anni passati.
In tutto questo lungo anno di pandemia, comunque, le giovani imprenditrici si sono mostrate un po’ più resilienti delle over 35. Nel secondo e nel terzo trimestre 2020, infatti, le iscrizioni delle imprese femminili giovanili si sono ridotte in misura minore rispetto a quelle (sempre rosa) non giovanili, fino a tornare in positivo nei primi tre mesi del 2021.
Le donne, comunque, continuano a pagare un prezzo più alto degli uomini alla crisi indotta dalla pandemia. Anche nel primo trimestre di quest’anno, infatti, l’incremento percentuale delle nuove imprese guidate da donne continua a essere ben inferiore a quello delle imprese maschili (1% a fronte del 9,5%).
A fine marzo, le imprese femminili in tutta l’Italia sono 1,330 milioni, pari al 21,97% del totale del sistema produttivo nazionale. In particolare, in Piemonte sono 95.705, per cui la loro quota risulta pari al 22,48% del totale regionale (tasso leggermente superiore al 21,97% che costituisce la media del Paese). In termini assoluti, il Piemonte è settimo per numero di imprese “rosa”; mentre Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia risultano le regioni in cui si concentra il maggior numero di imprese guidate da donne. Invece, Molise, Basilicata e Abruzzo sono quelle in cui il “peso” delle aziende femminili è maggiore e pari a oltre un quarto del totale delle esistenti.
Boom di compravendite di soffitte e cantine, a Torino, nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, quando nel capoluogo piemontese sono state registrati 1.401 passaggi di proprietà di “depositi pertinenziali”, il 364,5% in più rispetto allo stesso periodo del 2019 (allora erano stati 302). Nessun’altra metropoli italiana ha mostrato un incremento così elevato, rappresentando il record nazionale. L’aumento medio delle otto principali città del nostro Paese, fra le quali il capoluogo piemontese, è stato del 72,1% (7.524 le compravendite tra l’inizio di ottobre e la fine di dicembre 2020).
Comunque, la straordinaria crescita di acquisti e vendite di pertinenze è certamente conseguente alla pandemia, che, obbligando tutti a restare a lungo in casa, ha diffuso la consapevolezza dell’opportunità di avere una maggiore disponibilità di spazi domestici. Ecco, perciò, il forte ricorso all’acquisto di soffitte e cantine, fenomeno documentato dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.
Lo stesso Osservatorio ha rilevato anche l’aumento delle compravendite di box e posti auto: nell’ultimo trimestre 2020, a Torino sono state 1.692, il 9,6% più che nel corrispondente periodo precedente. Un tasso, anche quest’ultimo, superiore alla media delle otto metropoli nazionali, che è stata del 4,1% (complessivamente, gli acquisti di box e posti auto sono stati 14.449, a fronte dei 13.874 di ottobre-dicembre 2019).
È rimasto invariato, invece, il numero delle compravendite di abitazioni. Nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, infatti, l’Osservatorio del mercato immobiliare ne ha registrate 3,782, una in meno. Non stupisce. Soltanto Roma e Genova, infatti, tra le grandi città italiane hanno evidenziato aumenti, mentre i passaggi di proprietà nell’ultima parte dell’anno sono diminuite a Milano (-8,9%), Bologna (-5,4%) e Firenze (-3,9%). Sostanzialmente uguali ai precedenti, infine, i numeri di Napoli e Palermo.
In particolare, a Torino il 48,5% delle abitazioni che hanno cambiato proprietà nel quarto trimestre 2020 hanno una superficie compresa tra i 50 e gli 85 metri quadrati, il 23,2% tra gli 85 e 115 metri quadrati, il 12,6% meno di 50 metri quadrati, l’8,8% tra i 115 e i 145 metri quadrati, mentre solo il 6,9% superano i 145 metri quadrati. La media torinese degli alloggi passati di mano nel periodo è di 85,7 metri quadrati, superiore, tra le metropoli, soltanto a quella di Milano (79,2 metri quadrati). In tutte le altre sei maggiori città italiane la metratura media delle case passate di mano è superiore, fino al massimo di 109,9 metri quadrati di Palermo.
L’abitazione è un tassello fondamentale per le famiglie italiane, per questo Banca del Piemonte ha pensato ad ADESSOpuoi CASA, il mutuo perfetto per l’acquisto, la ristrutturazione e la costruzione di nuovi immobili. Un aiuto concreto per una casa a misura delle tue esigenze.
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In Italia, nonostante i miglioramenti conseguiti nell’ultimo decennio, non si è ancora in grado di offrire a tutti i giovani le stesse opportunità per un’educazione adeguata.
Il livello di istruzione e di competenze che i giovani riescono a raggiungere dipende ancora. in larga misura, dall’estrazione sociale, dal contesto socio-economico e dal territorio in cui si vive.
Lo ha censito l’Istat, aggiungendo che la pandemia del 2020, con la conseguente chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, o integrata, ha acuito le disuguaglianze.
Il divario con l’Europa sull’istruzione continua ad ampliarsi: in Italia, il 62,6% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore (54,8% nel 2010); ma tale quota è inferiore alla media europea di 16 punti percentuali. Tra i giovani di 30-34 anni, il 27,9% ha un titolo universitario o terziario (19,8% nel 2010) contro il 42,1% della media Ue27.
L’inserimento dei bambini di 0-2 anni nelle strutture per la primissima infanzia è cresciuto nel tempo, dal 15,4% nel triennio 2008-2010 al 28,2% nel 2018-2020, ma rimane un livello inferiore all’obiettivo europeo di almeno un bambino su tre fissato per il 2010.
A metà dell’anno scorso, è risalita 23,9% la quota di giovani di 15-29 anni che non studiano e non lavorano (Neet), dopo alcuni anni di diminuzioni. Incide particolarmente la componente dovuta all’inattività, specie nelle regioni del Centro-Nord, dove la ricerca di lavoro ha subito una brusca interruzione dovuta alla pandemia. In Italia l’aumento è stato più accentuato rispetto al resto d’Europa, accrescendo ulteriormente la distanza (+10 punti nel 2020). Altrettanto alta è la quota di giovani che escono prematuramente dal sistema di istruzione e formazione dopo aver conseguito al più il titolo di scuola secondaria di primo grado (scuola media inferiore). In Italia, il percorso formativo si è interrotto molto presto per il 13,5% dei giovani tra 18 e 24 anni, valore in netto calo rispetto al 2010 ma pressoché stabile dal 2017.
L’indagine Istat sull’integrazione degli alunni con disabilità nella scuola statale e non statale, cui hanno risposto nell’anno scolastico 2019/20, ha evidenziato come gli istituti si siano attrezzati in varie forme di didattica a distanza ma, nonostante gli sforzi di dirigenti, docenti e famiglie, l’8% dei bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza e non ha preso parte alle video-lezioni con il gruppo classe. Tale quota sale al 23% tra gli alunni con disabilità.
La didattica a distanza si è scontrata con le difficoltà nelle competenze digitali della popolazione italiana, che presenta una delle situazioni peggiori in Europa. Nel 2019, tra gli individui di 16-74 anni soltanto il 22% ha dichiarato di avere competenze digitali elevate (contro il 31% nella Ue27). La maggioranza degli individui è in possesso di competenze basse (32%) o di base (19%) mentre il 3,4% ha competenze praticamente nulle e il 24% dichiara di non aver usato Internet negli ultimi tre mesi. Nel 2020 la possibilità di partecipare ad attività di apprendimento diverse dalla formazione scolastica e universitaria, è stata, anch’essa, bruscamente interrotta, soprattutto nei mesi di marzo, aprile e maggio, o parzialmente riconvertita in altre forme di fornitura. La partecipazione media per l’Italia è scesa al 7,2% degli individui.
A partire dal 2010, la partecipazione culturale fuori casa è molto diminuita, fino a toccare il minimo nel 2013 (30,6%) per poi registrare in tutti i territori un trend crescente fino al 2019. Nel 2020, il lockdown ha inciso sulle attività del tempo libero che si svolgono fuori casa, annullando completamente i progressi degli ultimi anni: la quota di persone di 6 anni e più che si sono dedicate ad almeno due attività culturali fuori casa (come andare al cinema, a teatro o a un concerto, visitare musei o mostre) è scesa al 30,8% dal 35,1% dell’anno precedente.
Diversamente, la lettura di libri, complice il maggior tempo trascorso entro le mura domestiche, è in ripresa (39,2%) rispetto al trend decrescente registrato fino al 2019 (dal 44,4% del 2010 al 38% nel 2019). È in aumento soprattutto la lettura di almeno quattro libri nell’anno, mentre si osserva una sostanziale stabilità nella lettura di almeno tre quotidiani a settimana.
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