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Privati, Imprese - 24 Febbraio 2023

Record dell’export agroalimentare italiano

Con l’aumento del 17% fatto registrare nel 2022, l’export agroalimentare italiano ha conseguito il nuovo record annuale di 60,7 miliardi di euro, primato trainato dai prodotti simbolo della Dieta Mediterranea come vino, pasta e ortofrutta fresca, saliti sul podio dei prodotti italiani più venduti all’estero.

È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero 2022, che evidenziano un balzo a doppia cifra per l’alimentare, nonostante la guerra in Ucraina e le tensioni internazionali sugli scambi mondiali di beni e servizi.

La Germania resta il principale mercato di sbocco dell’alimentare italiano con importazioni di nostri prodotti per un valore complessivo di 9,4 miliardi, precedendo così anche gli Stati Uniti (6,6 miliardi), che hanno superano di misura la Francia, al terzo posto con 6,5 miliardi.

Risultati positivi sono stati conseguiti anche nel Regno Unito, dove, dopo le difficoltà iniziali legate all’uscita dalla Ue, l’export agroalimentare italiano è ammontato a 4,2 miliardi, rivelandosi più forte della Brexit.

Tra i prodotti italiani trionfanti all’estero, il re dell’export si è confermato il vino, con un valore stimato dalla Coldiretti vicino agli 8 miliardi di euro nel 2022, grazie a una crescita delle vendite a due cifre. Al secondo posto si trovano la pasta e gli altri derivati dai cereali, con esportazioni volate oltre i 7 miliardi di euro; mentre al terzo ci sono frutta e verdura fresche, con circa 5,5 miliardi.

Ad aumentare in modo consistente le vendite all’estero, l’anno scorso, sono stati anche l’olio l’extravergine di oliva, formaggi e salumi.

“Le conquiste dell’agroalimentare italiano sui mercati stranieri, però, potrebbero ulteriormente crescere – ha sottolineato la Coldiretti – con una più efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale, il cui valore è salito a 120 miliardi, anche sulla spinta della guerra che frena gli scambi commerciali con sanzioni e embarghi, favorisce il protezionismo e moltiplica la diffusione di alimenti taroccati, che non hanno nulla a che fare con il nostro sistema produttivo”.

In testa alla classifica dei prodotti italiani più taroccati, secondo la Coldiretti, si trovano i formaggi, a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, le cui copie – dal parmesao brasiliano al reggianito argentino, fino al parmesan diffuso in tuti i continenti – hanno superato, in termini produttivi, gli originali,

Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi più prestigiosi sono clonati soprattutto il Parma e il San Daniele, oltre che la mortadella Bologna e il cacciatore.

Quanto agli altri prodotti agroalimentari italiani più taroccati all’estero spiccano gli extravergine di oliva, le conserve come il pomodoro San Marzano, oltre che i vini, dal Chianti al Prosecco. In particolare, quest’ultima Dop, al primo posto per valore alla produzione, è anche la più imitata. Ne sono esempi il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova, mentre in Brasile, nella zona del Rio Grande, diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la denominazione prosecco, nell’ambito dell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur.

“Una situazione destinata a peggiorare – spiega Coldiretti – se l’Ue dovesse dare il via libera al riconoscimento del Prosek croato”.

A pesare sul futuro internazionale del Made in Italy a tavola sono anche il probabile arrivo delle prime richieste di autorizzazione alla messa in commercio di carne, pesce e latte sintetici, la minaccia delle etichette allarmistiche sul vino e, fra l’altro, il semaforo ingannevole del Nutriscore, che boccia le eccellenze tricolori.

“Si tratta di un sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio e incompleto che – spiega la Coldiretti – finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali, da secoli sulle tavole, per favorire prodotti artificiali, di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta. I sistemi allarmistici di etichettatura a semaforo si concentrano esclusivamente su un numero molto limitato di sostanze nutritive (ad esempio zucchero, grassi e sale) e sull’assunzione di energia, senza tenere conto delle porzioni, così escludendo paradossalmente dalla dieta ben l’85% del Made in Italy a denominazione di origine”.

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